Da qualche giorno penso a quante volte ho desiderato scomparire e diventare una barbona. E così oggi, nonostante il maltempo, sono uscita volentieri perché decisa a cercare qualche scatola di cartone vuota. Le ho trovate e mi sono sembrate proprio adatte, così le ho portate a casa e le ho sistemate sul tavolo in giardino. Ho pensato per bene a tutto quello che devo fare. Prima di allontanarmi devo lasciare il cellulare in casa, dopo aver tolto la SIM. Non dovrò usare mai, ma proprio mai, carte di credito e bancomat. Vietato fare autostop e accettare passaggi. Preferire il treno agli autobus. Uscire di casa indossando solo un cappotto e abiti che non uso da tempo, in modo che nessuno li possa ricordare per rintracciarmi. Recuperare scatole di cartone solo fuori dai supermercati dove la gente osserva poco, troppo impegnata a riempire e svuotare carrelli. Infine, lasciare la memoria dietro di me e sperare che lei lasci me. Poi, fermare il tempo.
Così ho deciso. Questa mattina libererò la barbona che abita in me affinché trovi nuovi confini. Dentro un paio di pantaloni e un golf di mio marito, con un paio di scarpe di mio figlio ai piedi, senza calzini, esco in giardino e, lentamente, sotto la pioggia, ritaglio le scatole di cartone in tanti rettangoli. Poi mi sdraio sulla panca e mi copro tutta con la carta.
Sto in silenzio a contare il battito di ogni goccia che cade sui cartoni. Il suono ritmico e ripetitivo silenzia tutto intorno a me.
Una, due, tre, dieci, cento gocce. Sono tutta bagnata e non riesco più a pensare con questo freddo. Nessuna meditazione sulla vita, solo un invadente formicolio alle mani e ai piedi.
Sotto la pioggia coperta da cartoni bagnati spero solo che smetta di piovere, perché l’acqua mi penetra fin dentro il cuore e sento che lo trascina via dentro questa pozzanghera che mi circonda e che assomiglia sempre più a un mare nero.

Lucia Rispoli, 22 novembre 2023