Non è rimasto neppure un minuto

Non è rimasto neppure un minuto.

È l’ora del coprifuoco. Il bollettino di stamani impone la chiusura di tutti i locali prima dell’imbrunire. Il nemico, mostruosamente invisibile, tende tranelli e rapisce la vita senza rimorsi. Roma è irriconoscibile, privata dell’ammirazione dei suoi antichi marmi, monca della forza dei suoi eroi latini sembra essersi piegata, ad ogni vicolo, al ferro di questo freddo nemico, incapace di umanità.

Travolta dai pensieri, ho consumato tutto il tempo nell’attesa di te dietro le porte scorrevoli della caffetteria di Feltrinelli di Via Tomacelli.

Le mie mani hanno smesso di essere prudenti. Ho tolto i guanti per sfiorare lo scaffale orfano del libro di poesie sul quale le nostre dita si sfiorarono. Il mio cuore è straziato dallo sguardo del commesso che mi invita ad uscire.

Consumo questo primo anniversario calpestando ciò che resta della nostra no man’s land, luogo sacro della vita appartenuta solo a noi.  La memoria di te sprofonda nelle lettere attese e mai arrivate, nello squillo del telefono che non ha più risuonato. Un anno per masticare un dolore umiliato. Ne ho soffocato il mormorio, ma ha invaso di proteste il mio corpo.

Un anno senza te. 

Ciò che affiora tra i lacci di questo smisurato dolore è lo stupore del nostro primo incontro, preludio del mistero dei mille incontri che abbiamo coltivato un sabato dietro l’altro, fuori da ogni controllo razionale.

Questo amore ha iniziato a scorrazzare nei giardini di Villa Borghese, assumendo vita propria, libera e segreta, mentre il desiderio suturava le dissonanze delle nostre umanità.

Tutto è diverso oggi. Sei partito da un anno, appena iniziata questa guerra pandemica.

Muto, hai fatto prigionieri i miei occhi, rubando le lacrime e lasciando solo il sale.  Senza un rumore hai ascoltato la mia supplica, mentre mi aggrappavo al finestrino del treno per sfiorarti le mani.

«Non mi dimenticare». E non parlai più.

Serrai le mascelle, mentre sentivo che questa mia no man’s land, sempre più labile, sfuggiva dai confini del mio cuore, come se non fosse mai esistita.

Ho impiegato un anno intero a colmare i solchi lasciati nella mia terra desertificata, a rinunciare ai compromessi di pallide speranze, a cacciare i cani dell’ipocrisia.  

Ho rinunciato ad aspettarti, mentre le porte scorrevoli si chiudono dietro di me. 

Lambda, 15 agosto 2021

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