Figlia d’oro

8 giugno 2019. Italia, Ragusa.  Una delle tante storie di stupro. Stavolta in un ambiente degradato dove “tutti sapevano, ma tacevano“.

 Agghiacciante storia di una bambina di 13 anni che una madre, indegna di tale nome, ha fatto prostituire obbligandare con uomini dai 30 ai 90 anni.

La bambina veniva barattata in cambio di un tetto, di soldi, di un bicchiere di vino o di birra, di qualche sigaretta, di una doccia per buttar via lo sporco di un corpo, mai dell’anima.

La notizia mi sembrava impossibile ed ho cercato più fonti. Poi è sopraggiunto un dolore al petto, poi un morso allo stomaco, infine le mie cosce si sono strette in senso di protezione della mia intimità.

Il cervello ha cominciato ad elaborare una sensazione di disgusto ed è sopraggiunto l’orrore, immaginandola di ogni libertà e speranza.

Ogni volta che leggo queste notizie mi appaiono lontane ed incomprensibili e penso che dovremmo lanciarle le nostre scarpe rosse. Lanciarle con rabbia su questo Paese, ancora così arretrato e degradato, che impegna parole e parole sulla violenza delle donne, ma dove troppe volte tutti sanno, ma tacciono le uniche parole dovute, quelle di denuncia, quelle mosse dalla compassione.

Mentre leggevo la notizia, riflettevo che essere madri non può mai contemplare tanta ferocia, abbrutimento, disumanità e, allora, da un cassetto della memoria è tornata, quasi per salvarmi dall’orrore che mi provoca questa madre, una scena di un vecchio film in bianco e nero, La “Ciociara” di Vittorio de Sica, e l’episodio dello stupro tratti dal romanzo La ciociara” di Alberto Moravia.

Romanzo intenso, che ho cercato e letto dopo aver visto quel meraviglioso film, attraverso il quale ho scoperto la disperazione di una madre di fronte allo stupro della propria figlia, dopo essere stata a sua volta stuprata.

Non credo sia mai possibile la piena comprensione di quel dolore che ci introduce alla violazione dei nostri corpi e delle nostre anime, attraverso la profanazione di una giovane vita e del suo diritto di viverla.

La vita della propria figlia.

E’ il dolore insanabile di Cesira, di una madre, che stamani preferisco raccontarvi.

Facciamo l’appello. Oggi sono più che mai necessarie le nostre parole ed il nostro costante impegno, affinché gli uomini del nostro Paese, oggi in pace, imparino a vivere una sessualità diversa che non preveda MAI una guerra con il corpo delle donne.

Perché se questa guerra non cessa, le donne continueranno a morire colpite nella profondità più sacra dell’anima.

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