Lettera dal fronte

Tra poco non avrò più voce.
Mi avvicino all’orizzonte degli eventi e mi sta venendo incontro uno strano destino che ha a che fare con molteplici realtà: frustrazione, disillusione, fragilità, ira, indignazione e … paura.
Sto per essere inghiottita dal buco nero di un licenziamento a 59 anni in questo mondo retto dalla legge “sei messa fuori”. So che varcata la soglia di quel buco nero, che ingoia la luce della mia vita, lo spazio intorno a me assumerà il tono grigio della ostile indifferenza ed il codice dell’estraneità del mondo.
Non tornerò più indietro da questo senso di rabbia quotidiana che frantuma le mie ossa e, come forza gravitazionale, cattura i miei piedi e mi trascina sempre più in basso, in quel buco nero dove la prospettiva per il futuro non è più tracciata.
Sono solo invasa dalla fredda consapevolezza che non ha più senso neanche parlare di genere, di emancipazione femminile, dei diritti acquisiti e di quelli negati, di pari opportunità, di legalità e di trasparenza, della libera scelta di maternità, del sacrosanto diritto ad un tempo “al di fuori della cura”, quella dei figli, della famiglia, degli anziani, della casa.
Perché tutto questo ha a che fare solamente con l’autonomia della singola persona e in questo accampamento di guerra non c’è la donna dei combattimenti greci sognati sui banchi di scuola, qui regna solo il tanfo della disperazione che colpisce, come ira funesta, ogni individuo senza neanche guardare il suo volto.
Oltre questo velo c’è il silenzio, dove non c’è spazio neanche per l’indignazione, quella che ha colorato sempre le mie rivoluzioni.
Questa è la lettera che non avrei mai voluto scrivere.

Lambda, 19 Marzo 2018

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